Ho passato il pomeriggio a Starleggia, in compagnia di Lucia, Olga e Saul.
Abbiamo misurato i campi per la prossima semina delle patate e avvicinato ai confini della terra arata lo sfalcio del prato assieme alle cortecce sbucciate dai pali, per pacciamare e quindi ostacolare l’ingresso alle malerbe.
In sponda il lavoro è più duro e la pioggia che a tratti ci ha avvolto in quelle ore non facilitava il movimento, rendendo scivoloso il suolo e incerto il passo.
Alla fine il luogo respirava di cura, ordine e bellezza.
Le mani sono rastrelli.
Il cumulo d’erba macerata pinzato dagli avambracci.
Staccare da terra.
Portarlo al busto e alle narici l’odore d’acqua e marrone.
In salita trattenerlo addosso e pensare di poterci cadere sopra, nel vuoto delle viscere.
