Il 31 di marzo 2013 Antonio Del Grosso, Matteo Lisignoli, Saul Caligari e Andrea Pezzini avevano accompagnato il grande uovo all’Hortus Conclusus di Piuro, creato da me per essere deposto al suo interno e che da quel luogo prese il nome.
La sera del 25 aprile di quattro anni fa, notte di plenilunio, l’amica fraterna Monica Tavasci e io ci recammo lassù, emozionate e pronte a dialogare con quello spazio e le sue presenze. L’eco dell’antico borgo sepolto, la corolla di montagne, l’odore di terra smossa e la partecipazione di chi ci vive, le pietre scolpite, l’universo vegetale, un uovo gigante, la macchina fotografica e noi.
Volevamo raccontare di una figura femminile che predisse la frana e che nella lontana sera di inizio settembre del 1618 si rifugiò nel suo giardino a mezza costa, salvandosi. Nessuno le volle credere. Una Cassandra piurasca, testimone solitaria e sgomenta del proprio oracolo. Forse anche in quella notte la luna disegnava un cerchio nel cielo.
Dal 26 aprile avrei cominciato a tracciare fitte linee di acqua e colore, una sopra l’altra, fino a riempire una pagina di quaderno, ogni giorno. Smisi questa pratica il 26 aprile dell’anno successivo.